Il mistero si infittisce 🕵️
Qui parliamo di progettoni ma alla fine non abbiamo ancora lanciato la nuova serie del podcast. Ma che succede? Eh, tra poco potremo dirlo...
Tra un mistero e l’altro, stiamo aggiustando il trucco di scena e pettinando le pieghe dei costumi. Abbiamo chiuso alcuni cerchi, ne abbiamo aperti altri e ci stiamo godendo scelte di cuore che ci portano a non giocare più a social-comanda-color ma a vivere la nostra comunicazione secondo ritmi più vicini a ciò che siamo: animali narranti con ritmi dolci e ritualità morbide.
Questa mail potrebbe risultarti “troncata” ma non preoccuparti: se così fosse troverai il link per leggere la versione integrale direttamente su Substack.
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La ricchezza di ogni voce
Maria Grazia Tirasso
Nel nostro parlare quotidiano, salvo eccezioni, tendiamo a dare più importanza al contenuto e alla forma linguistica, rispetto alla voce che usiamo per esprimerli.
Naturalmente il focus sull’obiettivo comunicativo è importante perché trasmettere un concetto qualsiasi passa necessariamente attraverso la competenza e la chiarezza che improntano un discorso. Spesso però non si pensa che il mezzo, la voce, se anche non arriva a cambiare il significato, comunque lo pilota verso una interpretazione che può essere molto condizionata. Capita che al nostro ascoltatore arrivi più facilmente come diciamo (la prosodia, ossia accenti, toni, ritmo) che quel che diciamo… Non parliamo poi del fatto che il volume, la velocità, la capacità di scandire per bene le parole condizionano l’intellegibilità del parlato e niente è più spiacevole che fare fatica nell’ascolto. Quindi mettere attenzione alla voce è fondamentale nella comunicazione.
Certamente la questione cambia a seconda del contesto (lavoro, relazioni pubbliche, famiglia…) dell’interlocutore (un collega, un capo, la mamma…), perché non solo cambiano il nostro lessico personale o quello specialistico, ma variano anche le emozioni che improntano la nostra modalità espressiva.
Cultura, preparazione, presenza, attenzione, motivazione ecc. creano il parlato, ma la voce lo rende nostro, perché lo carica di mille sfaccettature personali che un’intelligenza artificiale -non me ne vogliano i fautori del progresso tecnologico- non sarà mai in grado di dare.
Questo non c’entra con la spontaneità, concetto piuttosto ambiguo che si presta a mille obiezioni ed eccezioni, ma con la ricchezza espressiva che ogni individuo attiva non solo attraverso la padronanza della parola, ma anche grazie all’uso consapevole della voce.
Se ci rendessimo conto che la voce è una ricchezza, non in senso superficiale, ma funzionale, eviteremmo di stressarla con sforzi inutili, di falsarla inseguendo modelli estranei, di sottovalutarla buttando via quel che diciamo, di criticarla perché non ci piace, di ritenerla qualcosa di estraneo a noi, di sottovalutarne le potenzialità.
Come fare, quindi? Non è necessario andare a “scuola di voce” ma basta dedicarsi alla pratica più utile, quella dell’ascolto. Ascoltando noi stessi (ma anche gli altri) potremo familiarizzare con la ricchezza espressiva della voce e, se occorre, lavorarci un po’ per dare maggior lucentezza al nostro tesoro…
Hackerato!
Francesco Nardi
Prima o poi doveva succedere.
La mia voce è stata hackerata… E da chi non me lo sarei mai aspettato, per giunta!
Senza che me ne accorgessi assolutamente, una mia carissima amica è entrata nel mio spazio sonoro durante una normale interazione con una persona che mi stava fornendo una delicatissima spiegazione su una questione tecnica di cui non venivo a capo da troppo tempo.
Non lo nascondo, la situazione non era semplice. Il mio interlocutore, sostanzialmente gentile, ma con il distacco tipico di ne sa più di te (e ci mancherebbe, è il suo lavoro!), poteva da un momento all’altro spazientirsi e chiudere definitivamente la transazione con un tipico “…si arrangi” o, meno maleducatamente, con un laconico “eh, non so cosa farci…” (sotto testo: “Ma come glielo devo dire? Più di così…”).
Lo ammetto, la mia atavica indisposizione verso tutto ciò che è tecnologico faceva sì che il mio livello di attenzione verso le procedure via via esposte stava pericolosamente degradando verso la più convinta delle consapevolezze: “è inutile, non ci riuscirò mai… Non ci capisco niente, non ci capisco niente!”. Questa dinamica stava affievolendo sempre più inesorabilmente la capacità del mio cervello di predicare nel mio deserto sempre più vasto: “è importante, Franci, è importante… Sforzati, veniamone a capo, cerchiamo di capire ‘ste benedette procedure!”
Ormai anche la mimica facciale, per tacer di tutto il linguaggio del corpo (per fortuna in questa circostanza attenuato data la posizione seduta), stava con tutta probabilità tradendo il mio sempre più evidente disagio nei confronti della situazione. Anche questo era un ulteriore pensiero che si aggiungeva ai sempre più numerosi presagi di sconfitta.
“Arbitro, recupero!”, ho implorato. Senza fischietto, l’esperto di fronte a me mi ha concesso benevolmente e stancamente un’ultima flebile speranza. L’ho presa larga: “Grazie, dott…. Credo di aver capito (mentivo spudoratamente sapendo di mentire!), Posso ricapitolare passo dopo passo i passaggi che mi ha gentilmente spiegato?”. Ho sorriso, grazie ad una tecnica recitativa che neanche in scena so applicare altrettanto bene e con la penna ho cominciato ad indicare i vari passaggi che via via mi ero segnato durante la sua spiegazione. L’unica conseguenza è stata quella di trovarmi, senza aver scoperto la mia Stele di Rosetta, di fronte a degli incomprensibili geroglifici (peraltro scritti da me).
Non ho chiesto nemmeno l’onore delle armi, e non solo perché non lo avrei meritato… Ho annuito semplicemente tra me e me, presa d’atto dell’ennesima sconfitta, e alzando lo sguardo spossato, ho replicato da automa come quando da piccolo mi insegnavano di fare con gli adulti cortesi che ti avevano appena dato un qualcosa. “Come si dice?” “Grazie…”
E grazie al ca…!!!
Una volta uscito, non osavo incrociare lo sguardo della mia amica. Ma lei, senza fare una piega, mi ha mostrato con un’occhiata complice il suo cellulare, e…
Sherlock, la mia amica! Aveva registrato tutto senza farsene accorgere… Avrei avuto quindi a disposizione, passo passo, tutta la procedura che avrei potuto seguire e riseguire in saecula saeculorum ogni volta che avrei voluto!
Certo che in questo modo ho imparato, poi…
Ma prima è successa una cosa che mi ha emozionato tantissimo. Una cosa che non stupirà chi è appassionato di voce. Appena arrivato a casa ho avuto infatti la percezione nitidissima di avere tra le… orecchie, un documento straordinario! L’audio di una mia interazione del tutto naturale, senza impostazioni teatrali o consapevolezze di essere registrato mentre sto parlando. Nature… La possibilità quindi di valutare il mio impiego della voce in un contesto dialogico così come è nella quotidianità, senza filtri di sorta.
Ovviamente, non scendo nelle descrizioni tecniche che ben poco possono importare ad altri. Dico solo che l’importanza di registrarsi per ascoltare la propria voce, in me oggi si è evoluta in una versione 2.0.
Un’esperienza che consiglio vivamente anche a voi, se come me veniste…
…hackerati! (si spera da una persona amica).
La comunicazione audio negli eventi
(intervista a) Sandro Ghini
Si è da poco concluso l’evento Milan Longevity Summit, per cui Sandro ha organizzato buona parte della comunicazione (e Mettiamoci la Voce è stato partner tecnico); ho quindi ritenuto interessante fare due chiacchiere con lui per parlare di comunicazione in questo aspetto della sua attività.
Cosa significa organizzare la comunicazione di un evento di questo tipo?
Di base significa vivere tre mesi in emergenza.
Scherzi a parte, significa in primis dover coordinare tantissimi aspetti contemporaneamente per tutto quello che riguarda la fase di preparazione all'evento: promozione, realizzazione di tutto il materiale e di tutti i contenuti che serviranno ad invitare la gente ad assistere al summit e che serviranno anche a tutti gli organizzatori -partner e collaboratori- da inserire nella loro comunicazione. La vera difficoltà sta nel relazionarsi e mettere d’accordo tante teste diverse, ciascuna con le proprie esigenze e necessità.
Significa anche tenere in considerazione tantissimi medium differenti e le loro specificità perché nelle due fasi, quella di approccio di preparazione all'evento e poi quella di evento vero e proprio - quando il pubblico è in sala o è in streaming- dobbiamo pensare che ci sono tantissimi canali da coprire. A partire dai canali tradizionali, la carta stampata, tv, radio e giornali settimanali, e tutta la parte di creazione dei contenuti che dovranno essere veicolati da questi medium: la creazione di spot, di video promozionali, di video esplicativi, di video e grafiche per i social, di audio per i social e di audio per le sponsorizzate su Spotify, ad esempio.
Durante la manifestazione dovranno esserci materiali che saranno utilizzati sul palco o da trasmettere nel video streaming, oppure che saranno fisicamente dati al pubblico; è veramente un lavoro certosino di copertura di ogni possibile canale di comunicazione che possa trasmettere efficacemente il messaggio del summit.
Conoscere la voce che tipo di prospettive ti apre in questo lavoro?
Conoscere la voce è utile, aiuta, eppure non è indispensabile. Nel senso che si riesce a portare avanti un evento di questo tipo senza avere competenze specifiche in ambito voce, ma diciamo che aiuta perché permette di poter tenere sotto controllo tutti gli aspetti correlati alla comunicazione audiovisiva, sia che vengano esternalizzati o gestiti internamente. Il fatto di conoscere in prima persona le dinamiche e gli aspetti produttivi della realizzazione di questo tipo di contenuti ha agevolato enormemente la velocità e la flessibilità della produzione. Diciamo che è un vantaggio molto pratico ed è un aspetto che permette di avere maggiormente sotto controllo tutta la catena, perché normalmente chi arriva dalla comunicazione digitale, o comunque dalla comunicazione tradizionale, non ha una gran dimestichezza con gli ambiti relativi alla voce e quindi si fida di quello che viene consegnato dalle eventuali produzioni esterne, mentre in questo caso posso dire che avessimo sotto controllo realmente tutta la filiera.
Quanto viene curato l’aspetto audio in questo tipo di eventi?
Temo non quanto si dovrebbe, nel senso che la preoccupazione principale è di dare agli speaker il tipo di microfono più adatto per il tipo di presentazione che terrà, ed è la stessa cosa con chi presenta o chi modera, per cui curare la parte correlata alla voce è un aspetto funzionale più che un'attenzione stilistica e artistica. Poi consideriamo il fatto che un evento di questo tipo è né più né meno un ciclo di conferenze, per cui le location dove abbiamo realizzato le varie giornate sono tutte attrezzate per questo tipo di situazione, o comunque abituate a gestirne, anche quando il service lo abbiamo fornito noi. L'attenzione alla voce è anche un po' data per scontata, perché è un qualcosa che si è sempre fatto, che si è sempre gestito, ma si è sempre gestito e continuiamo a gestire nello stesso modo. Ovviamente va bene, però la maggior parte del lavoro, una volta finito l’evento e arrivate le varie registrazioni, comporta il sistemare l'audio in post produzione per renderlo ancora più efficace nella trasformazione in contenuti autonomi.
Per questo motivo presto molta attenzione durante i video streaming a valutare come suona l’audio e dare feedback immediato al fonico di sala perché corregga o comunque riveda i livelli e sistemi ciò che c'è da sistemare per far suonare bene il tutto sia per chi ascolta in sala che per chi ascolterà da casa.
E poi, di colpo.
Valentina Ferraro | La Musifavolista
Pochi preamboli, nessun preavviso.
Nel sistemare lo studio e i miei scatoloni di cavi, cavetti e attrezzature assortite, salta fuori lui: il mio vecchio iPod. Finito in una scatola nel trasloco del 2017 e mai più riacceso, con l’ingiallimento della cover -nonché relativa cottura della plastica- a testimoniare che io, quell’iPod, avevo praticamente scordato di averlo.
O meglio.
Ogni tanto, nei vari traslochi (ne ho fatti ben 4 in soli 5 anni) riaprivo la scatola e lo guardavo come si guardano le vecchie bambole: con il sorriso che riservi ai vecchi piaceri che non provi più ora che sei “grande”.
Persino quando abbiamo traslocato in sede ho aperto la scatola e ho mostrato a Sandro, tutta orgogliosa, quel cimelio tecnologico come fosse un dentino caduto «Guarda, questo era il mio iPod».
In questi mesi di ri(e)voluzione analogica nei quali ho capito che amo la tecnologia, ma voglio farne un uso più adatto alle mie esigenze di tempo & suono* ho spesso pensato quasi con nostalgia a quando gli oggetti che avevamo avevano meno funzioni (sì, ok, a volte questo era un problema) ma erano anche meno distraenti e richiedenti.
E quando Sandro, ultimamente, mi ha detto «Ma il tuo iPod funziona ancora? Sarebbe bello tornare a usare i lettori mp3!» ho sentito una cascata di vergogna sulla testa e ho pensato “E chi lo sa se l’iPod funziona ancora? Non lo accendo da anni…” [da ben prima del trasloco del 2017 n.d.a.], così abbiamo provato ad accenderlo.
Lui, da bravo dispositivo figlio degli anni del Nokia 6600, si è riacceso ed è finito nella mia borsa; da lì a breve avrei dovuto prendere un treno e ho deciso che, stavolta, l’assenza di rete nelle gallerie non avrebbe interrotto la mia playlist di Spotify.
E lì, su un Intercity stranamente puntuale, l’iPod ha compiuto la sua magia: per scorrere tra titoli e cartelle devi trascinare il dito sulla rotella, ciaone tastiera e ricerca rapida; e nello scorrere alla ricerca di un gruppo, mi sono imbattuta in almeno 20 gruppi che non ascoltavo da anni, tanto che al punto mi sono arresa e gli ho detto «Senti, fammi ascoltare in maniera casuale i brani, tutti i brani».
Così tempo&suono hanno viaggiato con me, risvegliando ricordi che solo le canzoni possono regalarti, con la lentezza della ricerca manuale, con la rottura della bolla dell’algoritmo e la presa di coscienza che sì, Spotify & affini sono comodi e continuerò ad usarli, ma ogni tanto sceglierò di perdermi nel mondo analogico e meno AI di un player pieno di cose che amavo e avevo scelto, che mi chiede di stare se voglio ascoltare e non mi ricorda i messaggi da leggere, le mail a cui rispondere, le scadenze che mi aspettano quando scenderò dal treno.
E poi, di colpo, mi sono ricordata perché amassi viaggiare in treno: per perdermi nella musica guardando fuori dal finestrino. Con il mio tempo e con il mio suono.
Super progettone
Prosegue la nostra corsa verso il super progettone, per il quale abbiamo creato un sondaggio per capire meglio le nostre abitudini di ascolto. E quando dico nostre, intendo proprio nostre di questo gruppo ristretto (ma non così tanto) di persone che amano la voce che racconta le storie.
Ci dedichi due minuti, che non è nemmeno il tempo di un caffè?
P.S. questo link ti porta in un’altra pagina, poi torna che finiamo le chiacchiere 🥹
Live con Anna Maria Giuliani
Business business delle mie brame…
Aspetta, ma che ci azzecca con noi? Beh, in realtà molto.
Primo perché la voce la usiamo in ogni attività professionale, secondo perché seguendo la nostra fortissima spinta analogica abbiamo cominciato a corroborare la rete di persone con cui collaboriamo. Grazie a focacciate offerte nella nostra nuova sede1 e caffè in locali carini di Genova [che tutto è fuorché poco ospitale n.d. “foresta”] stiamo aumentando il numero di cose fighe da fare-vedere-promuovere, e la live di Anna Maria Giuliani con Valentina è fra queste.
Sono Anna Maria Giuliani e sono una business mentor, sostengo le donne nel percorso di trasformazione di competenze inconsapevoli e sopite in libera professione ed accompagno chi ha già un’attività in quel processo naturale, ma non per questo più facile, di evoluzione.
Mi fregio del titolo di regina degli opossum per aver adottato questa tecnica più volte di quelle che voglio ammettere.
Perché spesso, quello che ci ferma non è la paura di fallire, ma la paura di farcela.annamariagiuliani.it | Podcast: Non fare l'opossum
Anna parla di opossum, Valentina di conigli e, insieme, parleranno dell’uso della voce per libere professioniste nonché dell’importanza di allineare ciò che siamo a come comunichiamo anche -e soprattutto- nell’ambiente freelance.
Segui la live martedì 16 aprile alle 17:00 sul profilo Instagram di Anna
V - Il Papa (anche noto come Alessio Beltrami)
23 aprile, ore 18:00.
Un webinar gratuito con Alessio Beltrami su Voce & Content Marketing, che sono strettamente collegati perché nei contenuti…ci metti la voce.
Motivi per partecipare al webinar gratuito:
sei una persona pratica
sei un/a podcaster
leggi audiolibri e vuoi promuoverti
crei contenuti video/audio
sei segretamente innamoratə di Alessio e non ti perdi un suo webinar (ti capiamo!)
In uno o in tutti questi casi prenoti il tuo posto gratuito qui:
Psiconet.work
La comunicazione digitale è fighissima ma per alcune figure è complessa da gestire; tra queste figure ci sono gli psicologi.
Il 27 aprile Genova ospita Psiconet.Work, il festival della comunicazione digitale per psicologi e noi ci andremo. Il festival nasce dalla volontà si Simona Moliterno, psicologa e fondatrice di Psicologi in Rete ed è un evento che parla di comunicazione digitale agli psicologi, dagli psicologi.
Ci fa piacere segnalarlo perché si dice fin troppo spesso che in certe città non ci sono eventi interessanti o che non si fa rete fra professionisti, e crediamo che sia l’impegno di passare parola a fare la differenza :)
Cristoforo Colombo
Il 22 aprile alle 16:30, a Palazzo Doria-Tursi, i nostri amici di Clacson Media presentano la loro ultima produzione: il podcast L’Ammiraglio - Cristoforo Colombo e il mare oscuro, promosso dall’Associazione Liguri nel mondo con il contributo della Regione Liguria e del Comune di Genova.
Nel nostro studio sono state registrate le voci di Mario Menini, che interpreta proprio Cristoforo Colombo.
Noi saremo lì per assistere alla presentazione e prenderci un caffè+focaccia con Daniela e Alessandro, i nostri amici/colleghi producer.
Se passi da lì facci un fischio che ci scappa un abbraccio ;)
La risposta in cucina
Una delle nostre ultime produzioni è “La risposta è in cucina”, un podcast di crescita spirituale di Don Pierluigi Plata.
Perché lo stiamo amando tanto?
Primo, perché siamo un agnostico, una semi-buddista o forse animista, un valdese e una persona che vive una forma di spiritualità difficilmente definibile che si incrociano al tavolo, quindi i punti di vista che si intersecano sono molteplici e tutti estremamente in dialogo sulle varie tematiche che il podcast solleva.
Secondo, perché il Don è un personaggio incredibile e siamo pazzi di lui.
Terzo, perché ci divertiamo un mucchio a registrare tutti insieme.
Misofo-che?
La misofonia è un disturbo della percezione dei suoni, attualmente non incluso nelle patologie conclamate ma oggetto di molte ricerche neuroscientifiche, psicologiche o audiologiche.
Si tratta di una condizione per cui determinati suoni (ad esempio i suoni della bocca, il ticchettio della tastiera, l’abbaio dei cani, il suono di chi russa o della respirazione pesante, eccetera…) scatenano nella persona reazioni emotive molto forti di rabbia, ansia o di attivazione particolare. Non è classificata tra i disturbi come l’ipersensibilità o l’iperacusia, ma si sta cercando di definire questa condizione.
Da bravi uditivi (o forse ipocondriaci) io -Valentina- e Francesco ci siamo ritrovati in linea con il profilo della persona con misofonia e pensiamo proprio di avere un piedino pucciato in questo meraviglioso mondo misofonico.
Di recente, quindi, ho ceduto e ho provato un marchio di auricolari specifici per chi soffre di misofonia [avevo già gli auricolari super power con abbattimento di dB a prova di concerto] nonostante fossi molto scettica e devo dire che ne sono rimasta piacevolmente stupita.
Ne ho parlato nella mia ultima newsletter quindi non mi ripeterò troppo ma ti invito a provare -a prescindere dal marchio- una di queste soluzioni se ti capita di vivere male rumori particolari.
Per abbassare i volumi (sale prove, concerti, eventi rumorosi, palestre, etc) uso gli auricolari con abbattitore di rumore della Alpine.
Per gli ambienti meno rumorosi ma con rumori -che per noi sono- molesti (io soffro per il vociare delle persone nei supermercati o nei ristoranti, per le tv accese a volume medio, per l’abbaiare dei cani e tutta un’altra serie di rumori ordinari) uso i Calmer® di Flare Audio, che mi ha regalato un paio di auricolari e mi ha svoltato gli ultimi tre mesi di vita sociale. Per trasparenza ti dico che è un link con affiliazione, quindi se li prendi da qui mi viene data un piccolissima percentuale ma, a prescindere da questo, ti dico anche che ho comprato un altro paio di auricolari perché li amo alla follia…e poi li fanno verde acqua 😍
Webinar con Albert Hera
L’11 aprile Albert fa un altro workshop sulla didattica del canto 2.0 e ci sono ancora alcuni posti liberi ;)
È un appuntamento per insegnanti di canto, cantanti, docenti di public speaking e chiunque si trovi a trattare la voce altrui, ma anche chi usa la voce o ne è appasionato può ricavarne strumenti interessanti.
Mille modi per fare voce
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Ci trovi qui: https://www.mettiamocilavoce.it/academy/
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Puoi inviare una mail a info@mettiamocilavoce.it e ti risponderà Valentina.
Baci & abbracci
Ci risentiamo tra qualche settimana con aggiornamenti sul progetto super top-secret e nuove chiacchiere davanti ad un caffè.
Buona voce a tutte/i! 💋
Valentina, Maria Grazia, Francesco e Sandro
per quanto tempo si può continuare a dire che una cosa è nuova? Perché la nostra sede io la vivo come nuova ogni volta che giro le chiavi, entro e respiro l’aria di sudore/risate/lacrime che ci hanno portato a scegliere di avere quattro mura intorno e investire tutto su di noi. Questa magia posso tenermela stretta ancora per un po’ e continuare a dire che è nuova?